Yeong-do Da-ri, di Jeon Soo-il
Una ragazza, pochi mesi prima di diventare maggiorenne, partorisce e, ancora in ospedale, decide di firmare un protocollo per dare la bambina appena nata in adozione a un’agenzia. La ragazza si chiama In-hwa ed è la protagonista di Yeong-do Da-ri, il nuovo lungometraggio del regista coreano Jeon Soo-il (dalla filmografia discontinua, che comprende lavori interessanti e rigorosi come The Bird who Stops in the Air, del 1999, e With a Girl of a Black Soil, del 2007, e il mediocre Himalaya, Where the Wind Dwells, del 2008).
Film, Yeong-do Da-ri, per un personaggio e per un luogo, significativo per la storia della Corea e evocato nel titolo originale (sparisce invece in quello internazionale, un meno identificativo ma non per questo estraneo I Came from Busan). È il ponte di Yeong-do, struttura rappresentativa di Busan (o Pusan), sotto il quale vive in un modesto appartamento In-hwa e che fu costruito nel 1934 durante il periodo coloniale giapponese per diventare nel corso della guerra fra le due Coree il luogo storico in cui i membri delle famiglie disperse potevano incontrarsi. Ed è un luogo che sta per essere restaurato, che per questa ragione rimarrà chiuso al pubblico fino al 2012 e che il film coglie nei suoi ultimi attimi di memoria e di storia.
Film di corpi in mutazione, Yeong-do Da-ri. Filmati da una macchina da presa che, come la sua protagonista, non interviene ma osserva il succedersi degli eventi con sguardo silenzioso e camera a mano quasi invisibile che sosta o segue da lontano i percorsi nel dolore, nel silenzio, nella memoria che ritorna, nel presente che aliena la vita di una diciottenne nella sua drammatica deriva e infine nella sua determinazione alla ribellione e all’azione. Fino a un epilogo che porta il film lontano dalla Corea, in un paesino di montagna francese, raggiunto da In-hwa perché lì abita una giovane donna, la madre adottiva della sua bambina. Un confronto ancora una volta silenzioso, fra le due donne sulla porta di casa, con In-hwa che fra le lacrime stenta a dire quelle poche parole in inglese: “I… came…”, mentre dall’interno della casa un bambino piange.
Yeong-do Da-ri nella sua osservazione oggettiva è un film che avanza come in un’unica soggettiva, come se il breve attimo in cui la machina da presa segue in soggettiva vera In-hwa sul molo si espandesse a tutto il testo, con uno sguardo di adesione ma a distanza, come se la ragazza si osservasse agire e ‘fosse’ quella camera leggermente instabile ferma o in movimento. E che si insinua negli anfratti di un luogo che sta per essere demolito insieme a una figura femminile che il suo corpo lo ha avuto per sempre altrettanto segnato dal parto e dalla ferita-memoria sulla sua pancia. Un film che documenta un ‘passaggio’, lo spazio del presente sul corpo di una donna, nella sua finzione/funzione narrativa, e di un ambiente che non sarà mai più così, destinato a sparire e riapparire. Corpi identici e diversi, lì e altrove, in Corea e in Francia. Corpi-memorie che senza forzature rivendicano il loro esserci. (Giuseppe Gariazzo)
Titolo originale: Yeong-Do Da-Ri
Anno: 2009
Durata: 83 min.
Paese: Corea del Sud
Regia: Jeon Soo-il
Sceneggiatura: Jeon Soo-il
Cast: Park Ha-seon, Kim Jung-tae
Genere: Drammatico
E' uno dei film della nuova stagione che mi interessano di più.