Titolo originale: Jiao you (郊遊)
Regia: Tsai Ming-liang
Paese: Taiwan - Francia
Anno: 2013
Genere: Drammatico
Durata: 138'
Lingua: Mandarino
Interpreti: Lee Kang-sheng, Yang Kuei-Mei, Lee Yi Cheng, Lee Yi Chieh
Sinossi
Un uomo e i suoi due figli vagano ai margini della moderna Taipei, dai boschi e fiumi della periferia alle strade bagnate di pioggia della città.
Di giorno il padre racimola una misera paga come uomo sandwich per appartamenti di lusso, mentre i due bambini sopravvivono con campioni gratuiti di cibo in giro per i supermercati e i centri commerciali.
Ogni sera la famiglia trova riparo in un edificio abbandonato. Il padre è stranamente colpito da un’ipnotica immagine murale che decora la parete di questa casa improvvisata. Nel giorno del suo compleanno una donna si unisce alla famiglia: potrebbe essere lei la chiave per far emergere le emozioni sepolte che aleggiano dal passato?
[fonte: labiennale.org]
“Non girerò mai più un film”, questo aveva detto Tsai Ming-Liang dopo l’uscita di “Stray Dogs”. Questo, fortunatamente, non è accaduto, dato che l’autore malese si è gettato in più di un progetto cinematografico da allora.
Semplicemente, “Stray Dogs” chiude il primo, importante, ciclo della poetica dell’autore: la vita di Xiao Kang, personaggio al quale Tsai è inevitabilmente legato, incarnato da quel suo alter-ego che ha il viso di Lee Kang-Shen.
Dieci film nei quali l’abbiamo visto innamorarsi, disperarsi, tentare il suicidio, provare a vivere. “Stray Dogs” segna la fine di Xiao Kang, visto che avviene persino il trapasso del protagonista. Un trapasso non mostrato, ma comprensibile solo nel sottotetto della narrazione.
Una narrazione divisa in due parti ben distinte, dove Tsai Ming-Liang sintetizza con estrema perfezione la sua poetica. Il suo film più cupo, quello completamente assente di ogni barlume di speranza, spogliato anche del più minimo dei movimenti.
Un film anche politico, dove gli esseri umani sono ridotti a cani che marcano il territorio, dove i cani sono più umani degli esseri umani stessi. Un degrado asettico che sa quasi di post apocalittico, dove l’aridità degli affetti già anticipato largamente, ad esempio, ne “Il Gusto dell’Anguria” trova qui il suo sfogo più doloroso.
Un film intenso, probabilmente il suo vero capolavoro, dove l’essenza del regista trova finalmente la sua libertà più sommessamente selvaggia, capace di zittire il suo pubblico, di farlo riflettere sull'utilità della propria esistenza e sul perché strisci su questa terra, trascinandosi domande che non troveranno mai risposta.
Recensione: battleroyale
Traduzione: JulesJT
SOTTOTITOLI
(Versione: Blu-ray)
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Messaggio modificato da JulesJT il 24 November 2015 - 01:02 PM