Titolo originale: "Nie yin niang" (聶隱娘)
Regia: Hou Hsiao-hsien
Paese: Taiwan
Anno: 2015
Genere: Drammatico
Durata: 107'
Lingua: Mandarino
Interpreti: Shu Qi (Nie Yinniang), Chang Chen (Tian Ji'an), Tsumabuki Satoshi
Ultima opera del camaleontico talento di Hou Hsiao-hsien, “The Assassin” si rivela essere un lavoro estremo e pienamente riuscito nella propria totale irregolarità di fondo. Difficilmente si era assistito in passato ad un lavoro di simile eccentricità stilistica, tanto trasgressivo da riuscire a stravolgere il proprio genere per farne trasparire nient’altro che una forte vena autoriale, ora decisamente rinvigorita. Così, l’operazione del regista taiwanese risulta essere di vitale importanza sia dal punto di vista stilistico che da quello storico; qui non si tratta di sottomettere il genere ad una riflessione umana o esistenziale, come poteva considerarsi l’approccio di Kobayashi al Jidaigeki, quanto piuttosto di dare piena vita agli spazi, tempo agli attimi, così da permettere una contemplazione muta, completa e totalizzante, che imploda in un mare di eterni silenzi.
Cina. Dinastia Tang. Addestrata fin da giovane, forgiata dall’oscura mente della sua guida, Nie Yinniang è diventata un’insensibile, micidiale killer. Qualcosa però si smuove nel suo animo, una magnanimità che, constatata nel suo ultimo incarico, verrà punita col più atroce dei compiti: giustiziare il suo passato promesso sposo, ora comandante della più grande regione Cinese, riaffrontando la propria terra natale e gli spettri di una memoria troppo a lungo sepolta. Il tempo volge al termine, le sensazioni sembrano prevalere sul dovere, il rimpianto sulla coscienza.
Un racconto apparentemente rimarchevole che presto scopre però la propria irrisorietà rivestita all’interno dell’opera. La narrazione infatti è sviluppata per frammenti, per mini-sequenze che tutto manifestano fuorché una volontà di raccontare una storia. Ed è attraverso quest’assenza di peso narrativo, questo non voler conformarsi ai film del genere, stupendo nella ripresa apatica delle (poche) scene d’azione, che il film si denuncia nella propria forma di wuxia mascherato, finto action-movie spogliato di una struttura predefinita ed, anzi, di natura fortemente eterodossa. Ecco quindi, che la ricerca linguistica di Hsiao-hsien trova finalmente piena riuscita, perdendo quello stato tautologico che la incatenava ad un ritmo troppo spesso uniforme, ed esprimendosi attraverso una grammatica direttiva estremamente curata e meticolosa, palesata sotto forma di movimenti di macchina lenti e costanti che si alternano a riprese della natura dalla staticità fortemente evocativa. Un ensemble formale che si sposa perfettamente con la fotografia, la quale inizialmente priva le immagini di saturazione per poi consegnare loro calore, vivacità e una forte carica suggestiva.
Se dunque risulta proprio la struttura essere l’elemento chiave per la comprensione dell’intero meccanismo filmico, che precede la narrazione lasciando dispersi ragguagli o sintesi destabilizzanti, si comprende altresì che tale propensione non sfugge del tutto ad una certa logica, elaborando una tesi di congiunzione tra il genere stesso del film e tale attitudine appena illustrata. La vastità degli scenari, l’incredibile sensazione di attesa, di meditazione che si avverte dall’attenta contemplazione dell’opera, gli stessi atteggiamenti dei personaggi, pacati e trascinati dalla logica autoriale del profondo assorbimento quasi in una sorta di panismo, lasciano dunque avvertire la volontà di sovvertire l’intera prevedibilità del soggetto facendo sì che lo spettatore metabolizzi lo stato d’animo della giovane protagonista e ingrandendo tale percezione tanto da sovvertire ogni altra priorità all’interno dell’opera stessa. Ed è proprio grazie a tali prese di posizione che The Assassin riesce a distinguersi dalle altre pellicole del genere d’arti marziali in maniera così meritevole, grazie cioè ad una logica forse contraddittoria ma efficace, ottimamente resa e favorevole all’intreccio tra atto e idea, ragione e sentimento, visibile e non visibile: un gioco di accostamenti, un intenso ritorno alle origini, un affascinante stimolo alla visione, imperdibile e sensazionale.
[fonte: cinepaxy]
Traduzione: Îshta
Quality check: JulesJT
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Messaggio modificato da fabiojappo il 02 October 2016 - 09:26 AM