The Hole
Trama e commento:
Taiwan. Sette giorni al duemila. Un ragazzo si mette in contatto con la vicina del piano di sotto, dopo che un idraulico ha lasciato un buco nel pavimento dell’appartamento del ragazzo. Tutto questo quando scoppia un’insolita epidemia, che costringe le persone a comportarsi come scarafaggi.
Quanto è lontano, e allo stesso tempo vicino, il cinema orientale. Ci stiamo avviando verso un progressivo assorbimento della cultura e del cinema orientale, stiamo scoprendo ciò che sembra essere stato perso in Occidente, un cinema d’autore che mina le basi stesse del cinema tradizionale, una fusione di sguardi. Perché affascina il cinema orientale? Perché ad un occhio impersonale che approfondisce temi esistenziali e non, si lega una cultura ed una tradizione così opposta alla nostra, da sembrarci agli antipodi, espressione che sta al di là dello specchio su cui noi stessi ci specchiamo, e che permette di fornirci una visione del tutto originale e differente dei temi normalmente trattati. Così si scopre Kitano, si scopre il cinema di Wai Wong, Yimou, e per l’appunto Tsai Ming Liang. Questo autore pluripremiato, ha esordito con il Leone d’oro, si è fatto conoscere in tutta Europa, ad ogni film migliora sempre di più. Le sue prime opere sono risultati mediocri, ma che premettono buone speranze. A dimostrazione di tali aspettative viene appunto “The hole” ( la conferma definitiva ci sarà con l’ultimo “Che ora è laggiù?”).
Ottima pellicola, questo “The hole”, espressione velata di un irrimediabile pessimismo di fondo, ma non disperato. In una Taiwan perennemente piovosa, si disegna la storia di due solitudini in incontro, in un mondo di totale indifferenza, di assoluta mancanza di altruismo, dove l’uomo tende verso un’animalità inconsueta, verso la preferenza al buio e all’umido dei luoghi dove vivono gli scarafaggi. La mancanza dei nomi dei protagonisti, e di tutti i personaggi del film, non fa altro che accentuare questa condizione di anonimità e di assoluta estraneità nei confronti del mondo. Perché Ming Liang ci propone un mondo triste, sporco, silenzioso e lo fa con uno stile che a tratti ricorda Antonioni. Un Antonioni rivisitato ed aggiornato al duemila, un occhio malinconico, indagatore, semplice (i movimenti di macchina sono ridotti all’essenziale) che tratteggia l’incontro di due persone, prima separate da un muro, e ora unite da un “buco”, stretto, angusto, antiestetico, ma assolutamente fondamentale, un buco che li unirà per sempre. E al silenzio quasi ossessivo, a cui si accompagna solo la voce della TV e il rumore della pioggia, si alternano piacevoli intermezzi musicali, allegorie dello stato emotivo della vicina.
Può sembrare strano ma spesso è nella semplicità delle cose che si nasconde il sublime, e Ming Liang ce lo ha suggerito superbamente.
(Andrea Fontana, centraldocinema.it)
Info:
Titolo Originale: Dong
Nazione: Taiwan
Anno: 1998
Genere: Drammatico
Regia: Tsai Ming-Liang
Cast
Lin Kun-huei, Kang-sheng Lee, Hui-Chin Lin, Tien Miao, Hsiang-Chu Tong, Kuei-Mei Yang
BUONA VISIONE
Messaggio modificato da fabiojappo il 23 December 2014 - 06:20 PM