(Seukaendeul - Joseon namnyeo sangyeoljisa)
RF
All’epoca della Dinastia Chosun, tra il 18° e il 19° secolo, viene ambientata e riadattata la sfida tra la Marchesa Isabelle de Merteuil e il Visconte Sebastien de Valmont raccontata nel celebre romanzo epistolare "Les Liaisons Dangereuses" (Le Relazioni Pericolose) di Choderlos de Laclos. E' un doppio intrigo di lussuria e vendetta a muovere le fila della storia. Lady Cho propone a suo cugino Cho-won di mettere incinta la nuova concubina di suo marito. Cho-won, famigerato donnaiolo, accetta di buon grado, memore del torto subito dal marito di Lady Cho, nonché suo cognato, che lo privò del suo primo amore. La seconda impresa che Cho-won si prefigge di compiere è ancor più ardua. Deve riuscire a deflorare Lady Jung, una donna nominata dal governatore Cancello di Castità per essere rimasta vergine e fedele a suo marito, scomparso da 9 anni. Il premio in palio a conseguimento di quest'ultima scommessa è la stessa Lady Cho, sempre bramata da suo cugino.
La storia è stata portata sul grande schermo più volte in Occidente. A cominciare dal “Les Liaisons Dangereuses” di Roger Vadim del 1959, passando per il più conosciuto “Dangerous Liaisons” di Stephen Frears del 1988, per finire con la rivisitazione in chiave contemporanea attuata nel 1999 da Roger Kumble in “Cruel Intentions”.
Recensione di Paolo Bertolin per www.cinemacoreano.it
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Untold Scandal è un film traversato da una doppia corrente sotterranea, che contrappone il flusso della traduzione/tradizione a quello dell’adattamento/contaminazione. La scelta di un classico occidentale è, va da sé, un elemento di novità nel panorama coreano; d’altro canto, l’innesto dei personaggi di de Laclos nelle infiorescenze Choseon avviene senza l’apporto di modifiche sostanziali dell’intreccio. L’universalità di de Laclos non è in discussione: è un assunto; in questione è invece la rappresentazione stereotipata di un epoca, restituita dal cinema attraverso codici e convenzioni che assecondano i mores ipocriti della repressione sessuale, egualmente propria al passato, quanto al presente. Ecco che il libertinismo del Visconte di Valmont e della Marchesa di Merteuil non solo si destreggia nella facile sfida della plausibilità, ma si fa cartina di tornasole per una rimessa in questione di un’immagine del passato cristallizzata, ponendo basi per interrogativi di valenza presente. In particolare, la libertà di costumi sessuali in cui indulgono i protagonisti e ancor più marcatamente la risolutezza dei personaggi femminili, che non solo si fanno padroni del proprio destino, ma come Cho (Merteuil) pretendono al dominio sulle altrui sorti amorose, suonano i tasti di note dolenti per una società coreana ancor imbrigliata in una concezione conformisticamente patriarcale della morale. La rappresentazione esplicita della copula, assai ardita per i canoni censori orientali, fornisce quindi al contempo appeal commerciale e rottura netta con il romanticismo edulcorato delle tante versioni della “Chunhyang-ga” (la canzone di Chunhyang, storia di un amore contrastato in epoca Choseon, celebrata da un pansori amatissimo dai coreani; peraltro, E avrebbe voluto rileggere la storia di Chunhyang in chiave sessualmente esplicita, prima che Im Kwon-taek ne realizzasse la sua recente versione datata 2000). La doppia dialettica interna al film trova intrigante sintesi nella rappresentazione scenica della ricostruzione d’ambiente: fedele nell’essenza, tradisce i precetti confuciani che regolavano l’impostazione coloristica degli hanbok (l’abito tradizionale coreano), imponendo precise combinazioni tra nero, bianco, blu, giallo e rosso, e inventa ibridi accostamenti e fantasie, sintonizzati alla caratterizzazione dei personaggi. E, inoltre, si diletta ad alternare il tappeto sonoro diegetico del kayagum e degli strumenti tradizionali coreani con lo straniamento cinematografico insinuato da un commento musicale che attinge a Bach e Barocco. Per restituire la sapida scrittura dell’epistolario laclosiano, si è poi adoperato ad una vivacità e coloritura di dialogo anch’esse notevoli nel panorama del dramma in costume coreano; i carteggi di Valmont, infine, divengono dipinti erotici, che saranno raccolti e pubblicati in un piccante volume. Lo spettatore occidentale peraltro dovrebbe prestare particolare attenzione ad un paio d’altri dettagli della traduzione/adattamento. Chung (Madame de Tourvel), vedova da nove anni, ha mantenuto un’esemplare fedeltà al marito defunto e si è vista intitolare dal governatore, in onore dei precetti confuciani, un Cancello di castità. Costei si è però convertita al cristianesimo, fede al tempo sottoposta a censura; cerimonie e ritrovi della comunità cristiana si svolgono infatti in totale clandestinità. La pia Chung, modello esemplare di virtù, contrapposto alla corruttela della corte e alle trame manipolatorie di Cho e Cho-won (Valmont), si rivela così veicolo di un’alterità declinata anch’essa con inatteso sovvertimento; la penetrazione dell’elemento occidentale è identificata con una purezza ed una coerenza che si scontrano con la decadenza compiaciuta dei costumi tradizionali, adagiati su una moralità conformista del tutto esteriore.[…] Sul fronte del cinema, il peso specifico della messa in scena di E non cerca mai l’identificabilità della firma, si sintonizza su una classica eleganza da mélo in costume, priva di scossoni, come pure di cadute o svarioni, con il corollario di un sorvegliato servigio alle prestazioni d’attore. Tra le quali s’impone alla menzione la Cho di Lee Mi-sook, star degli anni ’80, eclissata alle soglie della mezza età e rilanciata da E nel suo primo (e migliore) film, An Affair (1998). Il ruolo di rivalsa femminile proto-femminista regalatole da E riecheggia sapidamente la sua rivincita sulle sorti predestinate della carriera d’attrice.
Regia : E J-yong
Sceneggiatura : E J-yong, Kim Deh-woo, Kim Hyun-jung
Fotografia : Kim Byung-il
Montaggio : Kim Yang-il, Han Seong-Ryong
Musica : Lee Byeong-woo
Cast : Bae Yong-jun (Cho-won), Jeon Do-yeon (Lady Jung),
Lee Mi-sook (Lady Cho),
Jo Hyeon-jae (Kwon In-ho),
Lee So-yeon (So-oak).
Produttore : Oh Jung-wan
Genere : Drammatico - Commedia
Corea del Sud, 2003, 35mm, colore, 120’
Trailer
Messaggio modificato da creep il 05 October 2014 - 10:18 AM