Jayro Bustamante è un esordiente, un esordiente che al primo film può già aggiungere al curriculum un Orso d'argento preso, e meritatamente, a Berlino.
Ixcanul, titolo originale del film, è ambientato nella foresta guatemalteca, alle pendici di un vulcano ancora attivo. È qui che lavorano decine di contadini, e tra di essi la giovane Maria, una ragazza Maya, che sogna la vita e il mondo al di fuori della piantagione che a stento le dà di che vivere. Un giorno Maria viene promessa in sposa ad uno del posto, un vecchiardo in cerca di una moglie con un terzo dei suoi anni, ma Maria non ci sta, così trova una speranza in un altro giovane, Pepe, e decide di sedurlo - o si lascia sedurre, vedetela come vi piace - e di tentare la fortuna, di attraversare la frontiera con lui, e di andare negli Stati Uniti...
Profondamente autobiografico, girato con austerità, telecamera ferma sui primi piani, con un piglio quasi documentaristico, che ben si vede nell'attenzione che Bustamante pone sugli usi e costumi locali degli abitanti del villaggio, Ixcanul, è un'opera cinematografica che sa di analisi antropologica, ma priva di quella grandiosità e di quella capacità di discernimento che aveva ad esempio il cinema di un altro grande antropologo - o entomologo, come lui preferiva - che amava stare dietro alla macchina da presa, Imamura.
In tal senso sembra orientarsi Bustamante quando vuole quasi giustificare certe posizioni (la presenza assillante della madre, la cui unica assenza permette alla figlia di sbagliare, o il matrimonio, spesso forzato, all'interno del clan, quasi fosse l'unica strada, o almeno la più semplice per un futuro), ma in realtà il regista non chiude assolutamente gli occhi su quelli che sono i reali problemi della popolazione Maya in Guatemala.
La scelta dell'etnia K'iche' cui appartiene il villaggio, di mantenere la propria lingua, al punto che pochissimi parlano lo spagnolo, crea quasi un universo a sé stante; il mondo inizia e finisce alle pendici del vulcano, e l'unica cosa in cui credere sono la famiglia e le proprie regole, perché qualunque sogno, qualunque ulteriore desiderio, non porterà da nessuna parte.
Abbandonata dall'amante, gravida, incapace di abortire, nonostante i tentativi della madre che non l'abbandonerà mai nonostante il proprio disonore, e il sostegno dell'intera comunità, che nel suo costituire un microcosmo non perde mai la propria unità, Maria partorisce un figlio che non vedrà mai, perché immediatamente rubato dai trafficanti di bambini, una realtà del luogo che Bustamante denuncia con forza.
Delicato, privo di retorica, capace di urlare con la voce di un'aperta denuncia sociale ed allo stesso tempo di sussurrare con decisione l'orgoglio degli ultimi, Ixcanul racconta, attraverso gli occhi e il volto di una straordinaria interprete, la brava Maria Mercedes Coroy, la storia di un sogno talmente labile da non riuscire nemmeno ad iniziare.
Ixcanul è un film doloroso e molto bello, cui dovreste dedicare un'oretta e mezzo del vostro tempo.
Da oggi nei nostri cinema.
See ya' soon!
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