Cina: si cerca di salvare il Manciù, la lingua dell’Ultimo Imperatore parlata solo da pochi anziani
"Oggi parliamo per lo più cinese, altrimenti i giovani non ci capiscono", così uno degli ultimi anziani a parlare il Manciù.
Solo pochissimi anziani la parlano ancora, eppure si tratta di una lingua importante nella storia, perché era parlata da chi ha governato l’ultima delle dinastie cinesi, quella Manciù, della quale ha fatto parte anche l’ultimo imperatore, Pu Yi. Nel XVII secolo, le popolazioni “barbare” manciù invasero la Cina, ripercorrendo i passi dei mongoli del XIII secolo, e sconfissero la dinastia autoctona Ming per instaurare lo stato Qing. A corte si iniziò dunque a parlare il manciù, il cui alfabeto venne usato anche nelle comunicazioni ufficiali. Con la fine dell’impero Qing, nel 1912, questa lingua si perse, ed ora è parlata in sole due località della Cina. “Oggi parliamo per lo più cinese, altrimenti i giovani non ci capiscono“, racconta Ji, che ha oltre 70 anni ed è il più giovane a parlarla.
L’agenzia culturale dell’Onu, l’Unesco, ha classificato il manciù come una delle circa 3mila lingue del mondo che sono a rischio d’estinzione. In tutto le lingue parlate al mondo sono 6mila. Ma, tra i circa 10 milioni di manciù che vivono in Cina, si sta diffondendo una nuova coscienza culturale per cui sono stati messi in campo programmi per reinsegnarla. A Sanjiazi, uno dei due villaggi in cui ancora si parla, nella provincia nordorientale di Heilongjiang, c’è un corso nella scuola primaria. Anche se la lingua di tutti i giorni resta il cinese han.
Il leader repubblicano Sun Yat-sen – eroe della rivoluzione del 1912 – dichiarò che “per restaurare la Cina è necessario respingere i barbari manciù nelle Montagne Changbai“, ovvero l’area del nord dalla quale provenivano. A sancire definitivamente l’abbandono della lingua, ci pensò poi la Cina comunista di Mao Zedong, che lanciò una campagna per sradicare le culture tradizionali e le lingue delle minoranze. Solo negli anni ’80 questa politica fu allentata.
Fonte: Monia Sangermano per meteoweb.eu