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[LUTTO] Matsumoto Toshio


1 risposta a questa discussione

#1 Shimamura

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Inviato 13 April 2017 - 12:13 PM

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Si è spento all'età di 85 anni il grandissimo Matsumoto Toshio.

Matsumoto Toshio (松本 俊夫) nasce a Nagoya, il 25 marzo del 1935. Capisce subito che l'arte e la sua strada, ma la famiglia gli si oppone e il giovane Toshio è costretto ad iscriversi ad un'altra Facoltà, quella di medicina. Interessato soprattutto alla psicologia e alla psichiatria, Matsumoto procede bene negli studi, ma non riesce ad essere comunque soddisfatto, così, all'insaputa dei genitori, cambia Facoltà, iscrivendosi a quella di Storia dell'Arte dell'Università di Tokyo, dove però manca un corso di "arte applicata", la qual cosa lo costringerà ad imparare a dipingere da autodidatta.

Negli anni Cinquanta che scopre il neorealismo italiano e la Nouvelle vague francese e polacca, che avranno molta influenza su di lui, in special modo il cinema dell'ultimo Godard, ma che ancora non lo convincono ad appendere il pennello al chiodo e ad imbracciare la telecamera. Accade quando entra in contatto con il cinema sperimentale americano: è un colpo di fulmine per Matsumoto che capisce che l'arte visuale e concettuale, nella forma cinema, è la strada che vuole realmente intraprendere.

Si unisce così al Jikken-Kobo (Experimental Workshop), gruppo d'avanguardia di cui fanno già parte Takemitsu Toru e Yuasa Yoji, già noti compositori, e l'artista Yamaguchi Matsuhiro.

Nel 1968 arriva un'opera fondamentale nel cinema sperimentale di Matsumoto: Tsuburekakatta migime no tame ni (つぶれかかった右眼のために, For the Damaged Right Eyes, aka For My Crushed Right Eyes), dove il regista affronta per la prima volta il mondo dell'omosessualità in Giappone, pur non concentrando la propria attenzione su questo tema, preferendo piuttosto discorrere sull'evoluzione/devoluzione della società giapponese contemporanea: su tre schermi, tre proiettori mostrano scene di violenza, rivolte studentesche, sesso, pornografia, drag queen, che si mescolano ed intervallano in una totale anarchia visuale ed artistica.

È il punto di non ritorno.

Nello stesso anno, infatti, Matsumoto gira il suo primo lungometraggio: Bara no soretsu (薔薇の葬列, Funeral Parade of Roses), che riprende parte delle tematiche già toccate in Tsuburekakatta migime no tame ni e diviene il primo film giapponese a trattare specificatamente il mondo degli omosessuali.

Segue un ritorno al cortometraggio, con Extasis (エクスタシス) nel 1969, fino al 1971, quando torna al lungometraggio con Shura (修羅, Pandemonium), un jidai-geki sui generis, in parte ispirato al Kanadeon chushingura di Chikamatsu, ma con una mise en scène che richiama il teatro sperimentale nipponico di quegli anni, a cominciare dai lavori del Tenjo sajiki di Terayama Shuji.

Torna la lungometraggio nel 1988, dopo aver realizzato importanti opere sperimentali, come Fly: Tobu (フライ 飛ぶ, Fly, 1974), Atman (アートマン, 1975), Enigma: Nazo (エニグマ 謎, Enigma, 1978), Shift (シフト 断層, 1982), Engram: Kioku konseki (エングラム 記憶痕跡, Engram, 1987), con il film Dogura Magura (ドグラ・マグラ), ispirato al romanzo di Yumenu Kyusaku. Sebbene non sempre a fuoco, Dogura Magura è un film affascinante come pochi altri. Dopo un avvio molto lento il film prende quota tornando al discorso sperimentalistico già avviato da Matsumoto, calandoci in un'indagine freudiana sull'inconscio, permeata di surrealismo. È l'ultimo lavoro di Matsumoto per il cinema, che poi, salvo qualche altro cortometraggio ed alcune installazioni artistiche, preferirà dedicarsi all'insegnamento.

Qualche giorna fa viene colpito da un'occlusione intestinale particolarmente grave. Ricoverato d'urgenza in ospedale muore il 12 aprile.


AsianWorld ha sempre dato molto spazio al regista, traducendo i suoi lavori più importani, Funeral Parade of Roses, Shura, e Dogura Magura. Per un ulteriore approfondimento sull'autore mi permetto di rinviare al mio breve saggio sul primo dei tre film, qui.


R.I.P. :em07:

Hear Me Talkin' to Ya




Subtitles for AsianWorld:
AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#2 fabiojappo

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Inviato 13 April 2017 - 06:10 PM

Non ci resta, tra i vivi, quasi più nessuno. Ma in fondo per noi appassionati saranno sempre vivi questi giganti





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