(durante le Olimpiadi di Tokyo del 1964)
Ichikawa Kon (市川 崑) - approfondimento a cura di Shimamura
Ichikawa Kon nasce il 20 novembre del 1915 ad Ise, nella prefettura di Mie, come Ichikawa Giichi (市川儀一). Nel 1930 Ichikawa frequenta un istituto tecnico di Osaka, e nel 1933, dopo la laurea, trova lavoro presso un uno studio cinematografico locale, il JO Studio (J・Oトーキー), nel loro reparto dedicato all'animazione. È in questo campo che il regista matura le prime esperienze, acquistando un'impostazione che poi, per sua stessa ammissione, non lo abbandonerà mai. In seguito viene spostato nel reparto dedicato ai lungometraggi.
Nel 1940 il JO Studio si fonde con altri studi cinematografici per dar vita alla Tōhō Kabushiki-kaisha (東宝株式会社), pertanto la sede sociale e gli studi dell'azienda vengono portati a Tokyo, dove si trasferisce lo stesso Ichikawa. Nel 1946 il suo primo film d'animazione, a lungo considerato perduto e poi recentemente ritrovato, Musume Dojoji (娘道場寺, Una ragazza al Tempio Dojo), realizzato ispirandosi al teatro delle marionette giapponese, il bunraku (文楽). Il film non venne mai distribuito perché sequestrato dalle Forze di occupazione americane, che lo ritennero troppo arcaico e feudale, in contrasto con la politica di "modernizzazione" del Giappone che esse volevano intraprendere.
Alla Toho, Ichikawa incontra Wada Natto (和田 夏十), il cui vero nome era Mogi Yumiko (茂木 悠美子) [1]. Wada Natto lavorava nell'azienda come traduttrice, ma covava anche eccellenti doti di sceneggiatrice. Il sodalizio tra i due, che culminerà nel matrimonio, il 10 aprile del 1948, durerà per tutta la vita, sebbene la Wada smetta di scrivere per Ichikawa dopo il 1965. Il talento della Wada è subito messo a frutto, prima con Ningen moyo (Disegno di un essere umano) e poi con Hateshinaki jonetsu (Passione senza fine), entrambi del 1949, mentre nel 1955 la coppia adatta per lo schermo il capolavoro letterario di Natsume Soseki (夏目 漱石), Kokoro (こゝろ, Cuore) [2].
(sul set di Wakai hito, 1952, e di Tohoku no zunmu-tachi, 1957)
L'anno seguente, il 1956, Ichikawa dirige uno dei suoi capolavori. Presentato al Festival di Venezia, Biruma no tanegoto (ビルマの竪琴, L'arpa birmana) non solo rappresenta uno dei vertici della cinematografia nipponica, ma è anche uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. Siamo in Birmania, nel luglio 1945: un gruppo di soldati giapponesi in ritirata nella giungla tenta di raggiungere il confine con la Thailandia. Il giovane Mizushima, per tenere alto il morale dei commilitoni, si fabbrica un'arpa e canta motivi tradizionali della propria terra. Quando giunge la notizia della capitolazione del Giappone e della fine della guerra, Mizushima accetta la missione di far arrendere un gruppo di fanatici suoi compatrioti che, rifugiatisi in una caverna, hanno deciso di continuare a combattere. Il soldato viene trattato da vigliacco e da traditore quando tenta di spiegare al comandante che, scaduto il termine imposto dagli alleati, la caverna verrà bombardata. Allo scadere dell'ultimatum molti muoiono sotto il fuoco dell'artiglieria. Mizushima rimane ferito, un prete buddista lo raccoglie e cura le sue ferite dandogli una lezione di umanità. Mizushima decide allora di non ricongiungersi con i commilitoni e di diventare bonzo, per dare onorevole sepoltura ai corpi dei compatrioti morti. Quando i commilitoni lo riconoscono e gli chiedono di tornare con loro, egli imbraccia l'arpa e intona il "canto dell'addio". Lascia loro una struggente lettera in cui enuncia il suo pensiero e le ragioni per le quali ha deciso di restare: «[...] Ho superato i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e guadati in un urlo insano. Ho visto l'erba bruciata, i campi riarsi... perché tanta distruzione caduta sul mondo? E la luce mi illuminò i pensieri. Nessun pensiero umano può dare una risposta a un interrogativo inumano. Io non potevo che portare un poco di pietà laddove non era esistita che crudeltà. Quanti dovrebbero avere questa pietà! Allora non importerebbero la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana. Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine». Opera struggente, inno pacifista, atto di denuncia degli orrori della guerra, L'arpa birmana è un film epocale, non solo per il messaggio di cui è portatore, ma anche perché per la prima volta la guerra veniva raccontata dal punto di vista di un popolo sconfitto, quello giapponese.
Il successo internazionale del film permette ad Ichikawa di uscire dai confini nazionali e portare molti dei suoi lavori in giro per i Festival di tutto il mondo. Non ottiene lo stesso successo, però, il bel Enjo (炎上, Conflagrazione), realizzato nel 1958 e tratto dal capolavoro letterario di Mishima Yukio (三島 由紀夫), Kinkakuji (金閣寺, Il Padiglione d'oro) [3]. Sempre la letteratura funge da ispirazione all'opera dei coniugi Ichikawa con Kagi (鍵, La chiave) [4], film del 1959, dal romanzo di Tanizaki Jun'ichiro (谷崎 潤一郎), Premio della giuria al Festival di Cannes del 1960.
È sempre nel 1959 che Ichikawa realizza un'altra delle sue pietre miliari, Nobi (野火, lett. Fuochi improvvisi, noto in italia come Fuochi nella pianura). Tratto dallo struggente romanzo autobiografico di Ooka Shohei (大岡 昇平) [5], Nobi racconta del soldato Tamura, interpretato da un immenso Funakoshi Eiji (船越 英二), affetto da beriberi, come la maggior parte dei suoi commilitoni e poi abbandonato dall'esercito nipponico nella giungla filippina. Per sopravvivere sarà costretto a qualunque cosa. Crudo come mai prima di allora era stato un film sulla guerra, Nobi lascia il segno ed incarna la sintesi di tutta la poetica di Ichikawa. Il suo è un mondo oscuro, buio, dove però non manca mai di trovare uno spiraglio la luce. È un'umanità affranta, reale, eppure non priva di tenerezza e poesia. Lo sguardo di Ichikawa punta a sottolineare l'umanità dei suoi personaggi, con distacco, ma con sensibilità, il tutto non senza una certa ironia, la cui origine è da rintracciarsi prevalentemente nell'opera della Wada.
(sul set di di Wagahai wa neko de aru, 1975, e di Inugami-ke no ichizoku, 2006)
Nel 1963 esce un altro dei suoi film più noti, Yukinojō Henge (雪之丞変化, La vendetta di un attore) seguito da Taiheiyo hitori-botchi (太平洋ひとりぼっち, Solo, nel Pacifico). L'anno seguente, la Commissione nazionale per l'organizzazione della XVIII Olimpiade, che si terrà a Tokyo, nel 1964, gli assegna l'incarico di realizzare un documentario sull'evento. Le Olimpiadi di Tokyo rappresenta il vertice della produzione di Ichikawa, ma segna anche la fine della collaborazione con Wada Natto, che decide di lasciare il mondo del cinema. Dirà lo stesso Ichikawa, anni dopo, che la scelta della moglie era dovuta all'andamento della cinematografia contemporanea, nel quale non si sentiva a proprio agio perché, a suo modo di vedere, priva di umanità e incapace di comprendere il valore dell'amore [6].
Da questo punto il cinema di Ichikawa subisce un certo calo, anche se la poetica resta per lo più inalterata, salvo un atteggiamento meno ironico, dovuto sicuramente al cambio di sceneggiatore. Ad ogni modo la Wada continuò, anche se non accreditata, a lavorare, almeno come consigliere, con il marito. Seguono comunque nel mucchio ottimi film, tra cui un ulteriore adattamento dall'opera di Natsume Soseki, Wagahai wa neko de aru (吾輩は猫である, Io sono un gatto) [7], del 1975, e il bel Inugami-ke no ichizoku (犬神家の一族, La famiglia Inugami), del 1976. Ritorna, invece, alla poetica di Tanizaki nel 1983, con l'adattamento del suo capolavoro letterario, Sasame yuki (細雪, Neve sottile) [8].
Ichikawa muore di polmonite il 13 febbraio del 2008, all’età di 92 anni.
Lascia un cinema straordinario che lo pone di diritto tra i più grandi cineasti del secolo e tra i maggiori della storia del Giappone, accanto a Kurosawa, Ozu, Mizoguchi, Naruse e Imamura.
Note
[1] Nata il 13 settembre del 1920 a Himeji, nella prefettura di Hyogo, Wada Natto muore a Tokyo, il 18 febbraio del 1983, a causa di un tumore al seno.
[2] Uno dei massimi capolavori della letteratura nipponica, è stato tradotto in Italia da Neri Pozza editore, con il titolo: Il cuore delle cose.
[3] Edito in Italia da Feltrinelli.
[4] Edito da noi da Bompiani.
[5] OOKA S., La guerra del soldato Tamura, edito negli anni cinquanta da Einaudi e non più ristampato, anche se il sottoscritto è riuscito a reperirne, a caro prezzo, una copia del 1955 in una libreria d'antiquariato...
[6] Il riferimento è evidentemente alla New Wave nipponica, a Yoshida, Oshima e Imamura, oltre che ai contemporanei e futuri Takechi e Wakamatsu, anche se chi scrive fatica non poco a comprendre le accuse di scarsa umanità alle opere degli autori di cui sopra.
[7] Edito in Italia sempre da Neri Pozza.
[8] Altra opera seminale della narrativa del Novecento, questo straordinario capolavoro è stato pubblicato in Italia da Guanda.
(con il grande scrittore Tanizaki)
Lo speciale presenta i seguenti film del Maestro:
(grazie al subber virtiz)
Traduzioni già presenti in archivio:
(grazie ai subber Picchi, Shimamura, Mizushima76, halleluwah, J-okel, livius28)
Fires on the Plain
Odd Obsession
Tokyo Olympiad
Conflagration
The Heart
Princess from the Moon
I Am a Cat
Da segnalare inoltre in archivio (a cura di Benares) i sottotitoli di The Kon Ichikawa Story diretto da Iwai Shunji. Prezioso documentario per conoscere meglio il Maestro, il suo rapporto con Wada Natto, la sua lunga carriera.
(con la moglie e collaboratrice Wada Natto)
Messaggio modificato da fabiojappo il 26 February 2017 - 05:21 PM