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Clean__Shaven__Lodge_H._Kerrigan__1994__FR.zip 7.66K
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Fr
Trama
In preda ad allucinazioni, Peter Winter fugge da un passato oscuro e violento e ritorna nella sua città natale, dove scopre che sua figlia, Nicole, è stata affidata ad un'altra famiglia. Peter si mette immediatamente in cerca di Nicole, mentre un detective - che sta indagando sul caso di una bambina uccisa - è sulle sue tracce.
regia e sceneggiatura: Lodge Kerrigan
fotografia: Teodoro Maniaci.
montaggio: Jay Rabinowitz.
musica: Hahn Rowe.
cast: Peter Greene (Peter Winter), Jennifer MacDonald (Nicole Frane),
Megan Owen (Mrs. Winter), Molly Castelloe (Melinda Frane)
produzione: Lodge Kerrigan, per Miscou Island.
Usa, 1994, col, 80’
Commento
Quello di Kerrigan (originario di New York, dov’è nato nel 1964), è uno dei pochi esempi di cinema americano umanista del XXI secolo interessato prima di tutto a quanto a da dire, e solo di conseguenza a come dirlo. Lo stile prende forma sul corpo del testo, senza concessioni all’estetica fine a sé stessa o alle mode correnti. I temi che interessano Kerrigan sono duri, sgradevoli, mettono a disagio (...).
Kerrigan sembra attratto dalla situazione alienata di queste figure, dal loro comportamento da topi in trappola. Ma soprattutto dalla loro invisibilità presso gli altri individui. Invisibilità conseguente alla rimozione da parte della società. Ciò che gli preme, dunque, è avvicinare al pubblico queste figure malvolute, da sempre ostracizzate e confinate dal mondo (ma anche dal cinema). Per mostrare concretamente come la follia – come tante volte si sente dire con tono paternalistico nei salotti dove si respira un’aria liberal – sia un territorio difficilmente demarcabile. Ma, soprattutto, svelare il pregiudizio che spinge i “normali” a tenersi lontani da persone che giudicano pericolose a priori, spesso immotivatamente. (...)
E’ con questi chiari intenti che nel 1993 Kerrigan gira il suo primo film, Clean, Shaved, in cui un giovane, Peter Winter (Peter Greene), da poco uscito da una clinica, si mette sulle tracce della figlia, affidata alla madre. Del suo passato veniamo a sapere poco. Il film è dominato da una sensazione di instabilità: girato con la macchina a mano (ma senza i tremolii gratuiti, dei “dogmatici”), è immaginato come “soggettiva” dello stesso protagonista, al fine di mettere lo spettatore in uno stato di empatia – così si è espresso in merito lo stesso regista – con un uomo affetto da una malattia mentale. Per vincerne il pregiudizio e il disagio tramite la prossimità.
(da Dove siete? Io sono qui. Figure dell’alienazione nel cinema di Lodge Kerrigan, di Vittorio Renzi - Frameonline)
Messaggio modificato da JulesJT il 16 December 2014 - 11:54 AM
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