Miss ZOMBIE
Titolo originale: Miss Zombie
Produzione: Giappone, 2013
Genere: Horror - Drammatico
Durata: 85'
Regia: SABU (Tanaka Hiroyuki)
Cast
Komatsu Ayaka, Togashi Makoto, Tezuka Toru, Yamauchi Takaya, Suruga Taro, Ohnishi Riku, Serizawa Okito
Trama
A casa del dottor Teramoto viene recapitato un pacco voluminoso all'interno del quale si trova una ragazza zombie. Gli zombie vengono utilizzati come servitù o come animali domestici, tenuti a bada da una rigorosa dieta alimentare priva di carne...
Commento di Meiko Kaji (ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER)
Ho letto alcune recensioni presenti online sull'ultimo lavoro (ma ce n'è già uno in pre-produzione) di Hiroyuki Tanaka/SABU, l'horror sui generis Miss Zombie (2013). Ciascuno può leggerle per conto proprio. Avendolo visto una sola volta (e non intendo rivederlo solo per scriverci sopra qualcosa, non è il mio mestiere né la mia aspirazione!, preferisco farlo quando sarà - e se mai lo sarà - il tempo... il fatto che abbia tradotto i sottotitoli forse un pochino mi ha aiutato in tal senso, ma sento di doverlo rivedere intero), è difficile essere sicuri di qualcosa.
Rimango sorpreso però della sicurezza con la quale ognuno ricorda o crede di ricordare le scene dopo una sola visione: secondo un reviewer la moglie del medico - l'ambientazione dell'azione è semplice: la casa della facoltosa famiglia di un medico (Toru Tezuka), composta del dottore, dalla moglie Shizuko (Makoto Togashi) e dal figlioletto, oltre due operai - nutrirebbe la zombie (Ayaka Komatsu) - oggetto, secondo tale lettura, del comune disprezzo - di "verdure avariate", ma in una scena è invece il marito a suggerirle di cibarla in tal modo. La moglie, che al contrario sceglieva con cura le verdure, non sembrerebbe affatto d'accordo, quantomeno sorpresa dalla proposta crudele del marito. Insieme alle verdure, la zombie trova sempre un fiore. Ogni mattina è lei a dare alla non-morta, con fare amichevole e comprensivo, il buongiorno e alla sera il sacchetto di cibo vegetariano - la carne non è ammessa perché rischia di rendere la zombie feroce, sta scritto sulle istruzioni con cui la poveretta viene recapitata a casa del medico come un animale domestico tuttofare, assieme a una pistola carica, da usarsi in caso la zombie andasse fuori controllo e potesse causare danni fisici alle persone. La sua mansione non mi è del tutto chiara: strofinare un pavimento di pietre davanti alla casa, attività cui si dedica giornalmente, lentamente con lentezza da zombie e apparentemente senza mai arrivare a niente, mentre il bambino scatta fotografie tutt'intorno (la foto esce stampata dalla macchina poco dopo lo scatto, tipo Polaroid). Proprio una foto del fondoschiena della poveretta accucciata per strofinare, trovata abbandonata per terra, provoca il desiderio sessuale degli altri due lavoranti (questi, umani... forse) che decidono di violentarla. Lei subisce in silenzio. Il dottore, testimone del fatto, decide di non intervenire, ma di approfittarne lui stesso, sebbene non manchi, da parte sua, una certa cura di approcciarla con affetto: la moglie vede tutto dalla finestra di fronte con orrore.
Mentre la zombie torna alla sua dimora ogni sera (le è stato assegnato un lugubre magazzino sempre scuro in città), questa diviene vittima delle pietrate e degli insulti dei bambini ("muori, stupido essere!") e del bullismo di tre ragazzi che si divertono a piantarle sulla spalla, una volta al giorno, a ogni suo lentissimo passaggio, degli oggetti appuntiti, che la zombie riunisce ordinatamente in fila sul tavolo della sua dimora senza mai dare segno di poter o volersi ribellare. Pare che il suo unico conforto sia una foto (evidentemente lei stessa quando era umana, chiaramente incinta a giudicare dalla pancia prominente), che mira e rimira.
Il momento decisivo del film si ha, a mio avviso, quando il bambino trova la morte in un incidente, e la madre implora la zombie di ridargli la vita. Questa esegue, ma la donna ha una amara sorpresa: resuscitato, il bambino, non abbraccia lei ma la zombie. Il percorso che porta la donna verso la follia mi pare molto simile a quello misterioso di Jack Nicholson in Shining. Sembra che tutto risvegli in lei una rabbia, un orrore forse mai espressi, intrappolata nella routine quotidiana di moglie e madre, che culmina nel ritrovamento della foto che ritrae Miss Zombie e suo figlio, nel colpo di pistola (quella anti-zombie) che parte accidentalmente dalle sue mani inesperte e costa la vita al marito, nei colpi che abbattono (questi sparati con tale scopo) i due violentatori e infine nella corsa disperata all'inseguimento della zombie che, intimorita possa accadere qualcosa al bambino, lo porta via con sé in una corsa a perdifiato attraverso i campi (di nuovo mi vengono in mente le piste tra la neve di Shining). Non mi è del tutto chiaro cosa accada nel finale, né il perchè (se c'è) del passaggio al colore (ognuno potrà fornire la propria interpretazione): mi sembra che la madre, ormai arresasi all'evidenza dell'affetto che il figlio prova per la zombie invece che per lei, non possa far altro che suicidarsi. Qui, però, pare che il bambino si ricordi, davanti alla sua morte, che quella donna era stata sua madre, e si inginocchia, tentando di farla rivivere. La zombie, per affetto verso di lui, sembra anche lei arrendersi alla volontà del bambino, e ridà la vita alla donna che, appena resuscitata, può finalmente riabbracciare il figlio, liberandosi dall'incubo della perdita dell'identità di madre. Di nuovo sola, Miss Zombie, incapace di sopravvivere alla perdita del sostituto del suo figlioletto (probabilmente sottrattole, dopo il parto, dai medici che la curarono dopo essere stata infettata dal morso degli zombie che hanno assalito la macchina un cui viaggiava col fidanzato, chiara reminiscenza, se non ricordo male, de La notte dei morti viventi, il tutto mostrato in flashbacks piuttosto criptici), pienamente umana, si suicida.
Tutto sommato, a una prima lettura, sembrerebbe che l'arrivo della zombie e il suo mondo porti alla luce le ombre presenti negli abitanti della casa, rivelandoli alla moglie - a cominciare dal suggerimento/ordine del marito di nutrire la zombie con gli scarti delle verdure - e portandola, ormai incapace di ritrovare la "normalità" del quadretto famigliare cui era abituata, alla follia.
Pare che proprio questo nuovo quadretto, questa nuova visione della realtà, che provoca la sua pazzia, sia la realtà dei fatti. La verità psichica si palesa. Attraverso la follia, sembra che la donna possa davvero arrivare alla comunione col figlio, e che lo stato zombesco sia più umano di quello "umano".
Del resto, sembra che l'umanità della donna voglia venir sepolta - e forse è qui che comincia il suo viaggio nella follia - fin da quando il marito le suggerisce che "Non è necessario dare delle buone verdure alla zombie. Vanno bene anche quelle avariate".
Non riesco a capire i riferimenti alla storia di vendetta letti su altri siti; la zombie non si vendica di nessuno, quando assale i suoi tormentatori lo fa, almeno in apparenza, solo per prendere del sangue per nutrire il bambino che pare ammalarsi sotto gli occhi dei genitori: di fatto, adesso lei sa meglio di loro di cosa necessiti il bimbo. Si dimostra, inaspettatamente, velocissima, e per niente incapace di difendersi, se volesse. Sembra mossa da intenti umanitari, più che di vendetta, e il fatto che scelga i suoi aguzzini è probabilmente dovuto al fatto che erano, ai suoi occhi, viste le umiliazioni, quelli più facili da sacrificare per poter nutrire il bimbo. Il male minore, insomma, sul quale non credo lo spettatore abbia niente da obiettare. Tutto qui, insomma, basandomi sulle reminiscenze del film. Che su di me abbia avuto un effetto molto potente, sembra testimoniarlo il fatto che abbia subito voluto tradurne i sottotitoli per mostrarlo ai soliti amici coi quali condividiamo delle serate/cinema.
SABU mi sembra un regista capace di rielaborare con superiore intelligenza film del passato, prendendone alcuni aspetti ma reinventando completamente il loro significato, come avrebbe potuto fare un Milton Erickson, il famoso padre dell'ipnoterapia. Di sicuro mi sembra centrale il ruolo di "madre": avere un figlio che sceglie un'altra madre deve essere terribile, fa realmente precipitare nella follia. Qui, però, la follia sembra un passaggio necessario verso una vita forse più autentica. La follia come risveglio. Trovo notevole la fotografia in b/n allucinata, con una presenza ossessiva del bianco così carico (gli edifici sono praticamente bianchi). L'improvviso mettersi a correre della zombie (che su IMDB chiamano Sara o Shara, non so in base a quale criterio: di sicuro, i sottotitoli inglesi non menzionano il suo nome) che contrasta la solita lentezza. È ancora quasi pienamente umana, non reagisce mai, eppure avrebbe potuto. Solo l'idea di nutrire il bambino fa di lei una zombie "feroce". Questa corsa, illuminata solo a flash, è qualcosa di stupefacente, così, all'improvviso. L'orrore della pellicola - non so se ci siano altri film simili - è la perdita dell'identità di madre da parte della signora e la rivelazione delle ombre presenti nei tre uomini.
Sembra che ci siano delle affinità elettive tra la zombie, che suscita tanta compassione con la sua dolcezza orrorifica, e il bambino risorto, al di là della legittima appartenenza di sangue. Forse sono due creature innocenti e in ciò consiste la loro affinità. Sembra perfino che Shizuko aneli a far parte del mondo della zombie e del piccolo zombie, che le spetti di diritto: il fiore che unisce ogni volta al sacchetto di cibo sembra il simbolo della sua comprensione verso la sventurata, il suo riconoscimento alla donna ancora viva nel corpo disgraziato della non-morta; la zombie mette in fila sul tavolo in penombra le offese ricevute, ma allo stesso tempo anche i fiori che riceve ogni giorno da Shizuko. Nel cinema di SABU, mi pare, tutto si chiuda sempre magicamente nel suo reale "essere" al di là di quello che appare: ad esempio, la parrucca bionda di Ran in Postman Blues cade sotto le dita di Joe il killer e rivela la ragazza impaurita che ha cambiato identità per amore, secondo il mio parere una scena memorabile.
Trovo che sia Tanaka che Tarantino (mi perdonino i fan di quest'ultimo) siano dei rielaboratori straordinari del cinema passato, ma Tanaka è un'anima troppo superiore nel "sentire". Un grand'uomo, direi. C'è un'umanità sempre in primo piano, e una moralità assolutamente perfetta (almeno nei film da me visti) capace di liberare lo spettatore dalla morsa dei conflitti perenni.
Ho visto solo Tanaka (ma io sono disinteressato a quasi tutto il cinema odierno, per cui è facile che non conosca registi simili) riuscire a fare un film d'orrore dove l'orrore non viene dagli zombie, ma dalle relazioni umane insoddisfatte. Tanaka trasforma in oro anche un pezzo di fango. Cambia il segno agli elementi solitamente decodificati in un certo modo, sempre con una tenerezza e una fede nell'essere umano commoventi (Dead Run, che secondo me soffre per eccessivo sentimentalismo e una musica pianistica minimalista [si dice così?] di scarso spessore, è ugualmente carico di visioni simili, basti pensare all'indifferenza che l'ex amante di Demonken dimostra verso il ragazzo protagonista che si ricorda dell'uomo, salvo poi ringraziarlo, molte scene dopo, di essersene ricordato, svelando in un sol colpo tutta la sua situazione esistenziale). Riassumendo, se potessi dire così, SABU fa al cinema quello che Milton Erickson faceva con la sua ipnosi curativa: egli ristrutturava le storie personali di persone disturbate magari da una fobia, utilizzando l'elemento ma cambiandolo di segno, facendogli assumere una valenza positiva.
"E voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola. E la mia voce ti accompagnerà. E la mia voce si muterà in quella dei tuoi genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri. E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina piccolina che si sente felice di qualcosa, qualcosa avvenuto tanto tempo fa, tanto tempo fa dimenticato".
Un altro breve frammento del suo trattamento della fobia per il vomito di Kathy:
Erickson: "Come ti chiami?"
Kathy: "Kathy"
E.: "Te lo posso cambiare ufficialmente? Da ora in poi, sarà solo Kathleen, non più Kathy, gattina spaventata, Kathy che vomita. Come ti senti?"
K.: "In qualche posto tra lo spazio e la pace."
Ecco, questo per me è Tanaka. Rielaborare, sì, non esiste altro modo di creare. Ma rielaborare in tal modo è ben diverso che lasciarsi andare a quel che viene, alle proprie pulsioni. È, secondo me, essere uomini.
(Versione WahDee)
Traduzione: Meiko Kaji
Revisione: Kiny0
Ordina il DVD su
Messaggio modificato da Kiny0 il 12 January 2020 - 03:39 PM