Last Witness
Choihui jeungin
최후의 증인
Mentre indaga sull'omicidio di Yang Dal-su e dell'avvocato Kim Jung-yub, il detective Oh scopre un segreto. Durante la Guerra di Corea, il comandante partigiano Sohn Suk-jin, prima di morire per mano della guerriglia comunista sul monte Jiri, lasciò una mappa del tesoro a sua figlia Ji-hye. Il capitano del commando comunista, Kang Man-ho, mise incinta Ji-hye, e per non farlo sapere ai suoi compagni, lasciò che essi abusassero di lei. Il servo Hwang Ba-wu aiutò la ragazza, e i guerriglieri si arresero alle forze di polizia. Ba-wu e Ji-hye si misero insieme e andarono alla ricerca del tesoro. Ma Dal-su fece sì che Ba-wu venisse incarcerato per l'assassinio del civile Dong-ju, per poi così impadronirsi del tesoro e della ragazza. E Jung-yub condannò Ba-wu a 20 anni di galera.
Recensione basata sul commento sul film dei registi Lee Doo-yong e Oh Seung-ook e dei critici cinematografici Kim Young-jin e Joo Sung-chul, che potete vedere e ascoltare associando alla traccia video i file srt Last Witness1 e Last Witness2 scaricabili dal file zip dei sottotitoli e selezionando le tracce audio 2 e 3.
“Il 1980 è un anno in cui si stanno dissipando i vecchi fantasmi del passato e si sta stabilendo un nuovo ordine. Voglio parlare con tutta onestà della verità e delle bugie del passato, attraverso la storia di un ispettore che si è impegnato a proteggere l'umanità. Sia la storia che le scene sono oscure. Spero che quest'oscurità si dissolva negli anni 80.”
Nella dichiarazione d'apertura volevo evidenziare il messaggio sulla protezione dell'umanità. Un ispettore come tanti sacrifica la sua vita per discolpare da una falsa accusa un comune servo di campagna.
Regista Lee Doo-yong
The Last Witness testimonia le vite di individui impotenti di fronte alle sofferenze subite sotto le pastoie della storia della Corea contemporanea. Prendendo la forma di un road movie in cui un detective intraprende un viaggio per tutta la Corea al fine di risolvere un caso d’omicidio, il film offre elementi di suspense tipici dei gialli polizieschi, cospirazioni e scontri violenti tra i personaggi che nascondono i segreti del loro passato. All’interno della confluenza di queste forme generiche, il regista Lee Du-yong porta alla luce la storia tormentata della Corea dalla divisione della penisola. Sebbene riveli con onestà le vite dei suoi personaggi afflitti, il film si serve di un ritmo serrato e di un montaggio avventato che passa da una scena all’altra senza dare il tempo allo spettatore di indulgere nelle emozioni.
Tratto da Korean Film Archive
Ha Myung-joong interpretava l'ispettore Oh Byung-ho. Dopo aver preso in carico il caso, Oh indaga facendosi coinvolgere dai ricordi dolorosi della Guerra di Corea. A differenza degli ispettori di altri film, egli è un po' nichilista. Attraversando a piedi il paese, tocca con mano le ferite più dolorose del periodo più buio della storia coreana, una ad una. Comincia ad esplorarle e non riesce a sopportarle. Riaprire quelle ferite e indagare su un passato oscuro non lasciano speranze. è come aprire un vaso di Pandora, è di questo che tratta il film.
Oh scava troppo a fondo nel caso, entrando in contatto con il male e finendo con l'esserne travolto. Viene consumato dal male. Diventa in un certo senso un assassino anche lui, e la pazzia comincia a farsi strada dentro di lui. Indaga, mosso dall'ossessione e della follia, che finiscono per spingerlo a compiere un atto estremo.
Considerato un capolavoro da parte di registi come Park Chan-wook e Ryoo Seung-wan, il film è stato riportato alla luce dal Korean Film Archive in quasi tutta la sua interezza. Alla sua uscita nelle sale fu censurato per quasi metà della sua durata contro la volontà del regista, che non lo ritenne più suo. Il regista cambiò genere con Pimak, che richiese sforzi minori nella produzione, proprio perché Lee era rimasto scottato dall’esperienza precedente.
Sicuramente è migliore del recente remake di Bae Chang-ho, che è un semplice thriller, mentre in questo caso il film di genere si rapporta osmoticamente alle vicende storiche. Forse è troppo lungo, ma quel che serve per approfondire lo sfondo storico e le cicatrici che ha lasciato la guerra.
Jung Yun-hee (al centro della foto, tra Chang Mi-hee e Yu Ji-in) era la più rappresentativa tra le attrici della cosiddetta Nuova Troika degli anni 70, ed è più affascinante in questo film che in qualsiasi altra pellicola. Jung Yun-hee era la bellezza con lo sguardo più assente nella Nuova Troika, paragonabile a quello di Marilyn Monroe.
Lee Du-yong (1942- )
Dopo aver debuttato alla regia con The Lost Wedding Veil (Ilh-eobeolin myeonsapo), esperì vari generi, inlcusi film d’azione, melodrammi, film in costume, raggiungendo la fama con il suo film di successo Imbecile (Dol-a-i) (1985). Ricevette riconoscimenti internazionali per i suoi film sulle condizioni delle donne nella società coreana confuciana e patriarcale, ottenendo un Premio Speciale al Festival del Cinema di Venezia per The Hut (Pimag) (1980) e il Premio Un Certain Regard al Festival del Cinema di Cannes per Spinning, the Tales of Cruelty Towards Women (Yeoinjanhoksa mulreya mulreya) (1983). Tra le altre sue opere importanti figurano Eunuch (Naesi) (1986), The Oldest Son (Jangnam) (1984), e Road to Cheongsong Prison (Cheongsong-eulo ganeun gil) (1990).
Genere
Drammatico, Guerra, Thriller
Regia
Lee Doo-yong
Sceneggiatura
Yoon Sam-Yuk
Soggetto
Kim Sang-Jung
Produzione
Kim Hwa-Shik
Interpreti
Ha Myeong-jung, Jeong Yun-hie,
Choi Bool-am, Hyeon Kil-su,
Han Hye-suk
Direttore della Fotografia
Jeong Il-Seong
Luci
Cha Jeong-Nam
Montaggio
Lee Kyeong-Ja
Musiche
Kim Hee-Gap
Direzione artistica
Kim Yu-Jun
Corea del Sud, 1980, 158'
Altri film di Lee Doo-yong presenti su AsianWorld:
Spinning the Tales of Cruelty Towards Women
The Oldest Son
Sottotitoli