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[NEWS] 68esima Mostra del Cinema di Venezia

I titoli non asiatici in programma

116 risposte a questa discussione

#1 François Truffaut

    Wonghiano

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Inviato 27 April 2011 - 05:23 PM

La Biennale di Venezia /
68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

Darren Aronofsky Presidente della Giuria Internazionale del Concorso Venezia 68


Immagine inserita


Sarà il regista, produttore e sceneggiatore statunitense Darren Aronofsky (autore del film d’apertura della 67 Mostra, Black Swan, e Leone d’oro 2008 per The Wrestler) - figura chiave del cinema contemporaneo, la cui opera e’ in continuo dialogo con evoluzione e mutazioni dei diversi linguaggi artistici - la personalità chiamata a presiedere la Giuria Internazionale del Concorso della 68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto-10 settembre 2011), che assegnerà il Leone d’oro e gli altri riconoscimenti ufficiali.

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, presieduto da Paolo Baratta, accogliendo la proposta del Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Marco Mueller. (C.S.)

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E' un cinefilo un po' meno intransigente di Tarantino. Credo che non sia malvagia come idea. :em83:
Sottotitoli per AsianWorld: The Most Distant Course (di Lin Jing-jie, 2007) - The Time to Live and the Time to Die (di Hou Hsiao-hsien, 1985) - The Valiant Ones (di King Hu, 1975) - The Mourning Forest (di Naomi Kawase, 2007) - Loving You (di Johnnie To, 1995) - Tokyo Sonata (di Kiyoshi Kurosawa, 2008) - Nanayo (di Naomi Kawase, 2008)

#2 Alcor

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Inviato 27 April 2011 - 05:51 PM

Visualizza MessaggioFrançois Truffaut, il 27 April 2011 - 05:23 PM, ha scritto:


E' un cinefilo un po' meno intransigente di Tarantino. Credo che non sia malvagia come idea. :em83:

Sei troppo buono. In realtà persino la casalinga di Voghera ha gusti cinematografici meno discutibili di Tarantino. Che credo sia stato scelto come presidente di giuria più per il suo essere personaggio piuttosto che per le sue capacità di giudizio delle opere altrui. Vedremo come se la caverà Aronofsky
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#3 lordevol

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Inviato 28 April 2011 - 11:42 AM

A pensarci, era l'unica opzione ovvia possibile, vista la sua recente storia d'amore con Venezia.
Approvo la scelta di questo furbetto che in un periodo di magra mainstream riesce ancora a scuotere le masse :em71:

"Già Leone d'oro 2008 per The Wrestler con Mickey Rourke, Aronofsky ha inaugurato lo scorso anno il Festival lagunare con Black Swan ('Il cigno nero'), film che al suo debutto Usa ha stabilito un nuovo record d'incassi per la Fox Searchlight, ottenendo anche 5 nomination nelle principali categorie degli Oscar 2010, 4 nomination ai Golden Globes e l'Independent Spirit Award (l'Oscar del cinema indipendente) come miglior film dell'anno e miglior regia.

Un momento d'oro per il filmmaker americano che ha debuttato nel 1998 con Il teorema del delirio, premiato al Sundance Film Festival.
Nella sua filmografia anche Requiem for a Dream, presentato a Cannes nel 2000 e The Fountain, in Concorso alla 63/a Mostra di Venezia".


http://trovacinema.r...350?ref=HREC2-9

Messaggio modificato da lordevol il 28 April 2011 - 11:44 AM

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#4 Shimamura

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Inviato 03 May 2011 - 03:38 PM

Non male come scelta, di sicuro meglio di Tarantino, che io non ho mai digerito...

Hear Me Talkin' to Ya




Subtitles for AsianWorld:
AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#5 François Truffaut

    Wonghiano

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Inviato 04 May 2011 - 11:18 AM

la Biennale di Venezia/

68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica/

All’attore e regista statunitense Al Pacino

il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2011


E’ stato attribuito al grande attore e regista statunitense Al Pacino il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2011 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (organizzata dalla Biennale di Venezia), realizzato in collaborazione con Jaeger-LeCoultre e dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo.

Il premio è stato assegnato negli anni precedenti ad alcune delle maggiori personalità del cinema contemporaneo: Takeshi Kitano (2007), Abbas Kiarostami (2008), Agnès Varda (2008), Sylvester Stallone (2009) e Mani Ratnam (2010).

Il premio celebra quest’anno Al Pacino e la sua carriera come regista. La consegna del premio avrà luogo domenica 4 settembre nell'ambito della 68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (31 agosto-10 settembre 2011), diretta da Marco Mueller e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. Il Direttore della Mostra, Marco Mueller, parla così di Pacino: “un regista sorprendente, la cui esperienza preziosa e originale arricchisce il panorama del cinema contemporaneo”. A seguire la consegna del premio, la 68. Mostra presenterà in prima mondiale il terzo lungometraggio da regista di Al Pacino, Wilde Salome. Definito dall’attore/regista il suo “progetto in assoluto più personale”, il documentario contemporaneo Wilde Salome invita il pubblico a entrare nel mondo privato di Pacino, mentre indaga le complessità di Salomè - la celebre opera di Oscar Wilde - la personalità di Wilde e la nascita di una nuova stella, Jessica Chastain.

“In nessun altro luogo che non sia Venezia vorrei presentare Wilde Salome, proprio per la sua ricca storia artistica. Wilde Salome è un’esplorazione nel mondo di Oscar Wilde artista e nell’opera Salomè, l’emancipazione di un lavoro che continua a vivere”, ha dichiarato per l’occasione Al Pacino.

Al Pacino è una delle più significative personalità del cinema americano. Pacino ha esordito a teatro a metà degli anni Sessanta ed è lì che ha lasciato il suo cuore. Nel 1969 ha esordito sullo schermo nel film Me, Natalie. Con il ruolo di Michael Corleone nel pluripremiato Il Padrino di Francis Ford Coppola, Pacino ha lanciato una carriera che l’ha imposto non soltanto come attore eccezionale, ma anche come icona culturale in film quali Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani e Scarface. Pacino non ha mai perso la sua passione per il teatro, apparendo recentemente nel Mercante di Venezia con grande successo di critica. In Riccardo III – Un Uomo Un Re ha approfondito l’importanza culturale di Shakespeare attraverso il “Riccardo III”, vincendo il DGA Award come miglior regista di un documentario. Ha regalato al pubblico interpretazioni memorabili in film quali Americani, Carlito’s Way, Heat-La sfida, L’avvocato del diavolo, Insider – Dietro la verità e Scent of a Woman - Profumo di donna, per il quale ha vinto l’Oscar come miglior attore protagonista nel 1992, dopo 7 candidature precedenti. Ha vinto il Premio alla carriera dell’American Film Institute ed è co-Presidente di The Actor’s Studio a New York. Il suo impegno nella recitazione e nella regia come professione ha confermato Pacino come una delle grandi leggende del cinema.

Il film offre uno sguardo senza precedenti dietro le quinte dell’odissea di Pacino: una masterclass di approfondimento per questa icona culturale. La cruda esplorazione di Pacino in Wilde Salome è mossa dall’ossessione, dalla determinazione, dall’impegno e soprattutto dalla passione. Wilde Salome è diverso da ogni altro documentario, rappresenta una visione profonda della letteratura, politica, religione, violenza e sessualità, da parte di uno dei più grandi artisti del nostro tempo.

Wilde Salome sarà distribuito questo autunno ed è interpretato da Al Pacino (Erode), Jessica Chastain (Salomé) e Kevin Anderson (Giovanni Battista) ed è prodotto da Barry Navidi e Robert Fox, con Salome Production e Tripod Entertainment.

Jaeger-LeCoultre è, per il settimo anno, sponsor della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica e, per il quinto, del premio Glory to the Filmmaker. (C.S.)
Sottotitoli per AsianWorld: The Most Distant Course (di Lin Jing-jie, 2007) - The Time to Live and the Time to Die (di Hou Hsiao-hsien, 1985) - The Valiant Ones (di King Hu, 1975) - The Mourning Forest (di Naomi Kawase, 2007) - Loving You (di Johnnie To, 1995) - Tokyo Sonata (di Kiyoshi Kurosawa, 2008) - Nanayo (di Naomi Kawase, 2008)

#6 feder84

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Inviato 04 May 2011 - 08:23 PM

Sono contento per Darren! ;)

Speriamo che il programma sia bello!!!
In una notte della tarda primavera del quinto anno dell'era Meiwa, finisco di scrivere quest'opera, accanto alla mia finestra, mentre, cessata la pioggia, è apparsa la luna appena velata; perciò, nell'affidarla al tipografo, la intitolo Racconti di pioggia e di luna.


Firmato: Seishi kijin
Sigillo: Shikyo kojin
Yugi Sanmai

#7 François Truffaut

    Wonghiano

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Inviato 08 May 2011 - 03:25 PM

la Biennale di Venezia
68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

Marco Bellocchio Leone d'oro alla carriera 2011


E’ stato attribuito al regista italiano Marco Bellocchio – una delle personalità più influenti del cinema italiano degli ultimi decenni e uno tra i maggiori autori del cinema contemporaneo – il Leone d’oro alla carriera della 68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto - 10 settembre 2011).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra Marco Mueller.

Nella presentazione al Cda della proposta di Leone d’oro alla carriera 2011, il Direttore della Mostra Marco Mueller ha scritto tra l'altro: «Seguire il cinema di Marco Bellocchio ti porta, in ogni suo nuovo film, sempre verso altre destinazioni da quelle che ci sembrava di aver raggiunto e scoperto. Camminatore instancabile, traghettatore di idee, esploratore del confine instabile tra se stesso, il cinema e la storia, ha utilizzato come mappa, per orientarsi, il mondo che comincia oltre i confini della realtà visibile (e nell'inconscio). E ha così trovato i modi di espressione più vitali e "giusti" - per raccontare l'urgenza di saperi, individuali e collettivi, indeboliti, o svaniti».

A seguire la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla 68. Mostra – nella Sala Grande del Palazzo del Cinema – sarà presentata la nuova versione di Nel nome del padre (1971) di Marco Bellocchio: non un restauro, ma una nuova opera inedita e “attuale”, realizzata dal regista a partire dai materiali del film stesso. Un singolare Director's Cut che – per la prima volta – invece di durare parecchi minuti di più, risulta più corto rispetto alla prima edizione: 90’ per questa nuova versione “redux” di Nel nome del padre, contro i 105’ del film uscito in sala nel 1971.

Marco Bellocchio ha commentato a riguardo: «Non è stata un'idea fissa (niente di persecutorio) eppure in tutti questi anni (quaranta) mi è tornata in mente, a intervalli vari, anche lunghissimi, l'idea, la convinzione che Nel nome del padre non avesse ancora trovato la sua forma definitiva. Ne è la prova il fatto che dopo la prima proiezione pubblica (Festival di New York, 1971) Nel nome del padre è ritornato in moviola altre tre volte, quattro con quest'ultima revisione. Per una necessità (che in passato non vedevo, per paura di essere politicamente ambiguo o soltanto per un difetto di visione di insieme?) di liberare le immagini, nel senso di alleggerirle di quella pesantezza ideologica che le schiacciava, le soffocava... Immaginare liberamente era allora inconcepibile. Per cui tante immagini piene di parole che giudicavano, spiegavano, ripetevano le spiegazioni, citavano, sono cadute. Molta cultura, figlia di quegli anni, magari irrisa, in quest'ultima versione è stata almeno contenuta a favore della storia, dei personaggi, degli affetti più semplici e diretti. Ho tagliato, accorciato, non ho aggiunto nulla. Le "invenzioni" politiche nel film non mancano, assolutamente legittime (basti pensare alla lotta di classe tra servi e preti, del tutto inesistente nella mia esperienza di collegiale), ma forse manca quella passione, esaltazione, fede, cecità che aveva posseduto sinceramente Eisenstein quando faceva i suoi film di propaganda, che però erano e sono dei capolavori... Evidentemente ancora in quegli anni mi sentivo in obbligo di non tradire una sinistra rivoluzionaria in cui avevo brevemente militato... Liberare le immagini è stato privilegiare sempre quanto di lieve, di caldo, di paradossale, di surreale, di crudele anche, senz'essere gratuitamente sadico, di sarcastico, di irridente l'ipocrisia delle istituzioni... Beninteso il film, per quei pochi che si ricorderanno della prima versione italiana (che è poi la seconda versione), non è cambiato nei contenuti o nei significati, non è stato addolcito in alcun modo, non è meno violento, si può dire soltanto che in questa versione definitiva Nel nome del padre fa pensare un po' meno a Brecht e un po' di più a Vigo».

Consacrato già al suo film di debutto, I pugni in tasca (1965), come uno degli autori di riferimento del Nuovo Cinema, Marco Bellocchio ha dovuto faticare non poco per “liberarsi” da quel successo inatteso e ingombrante. Vi è riuscito cimentandosi su più fronti: l’eccitazione visionaria di Nel nome del padre (1971), il classicismo di Marcia trionfale (1976), lo psicodramma de Il gabbiano (1977). Per trovare, con Salto nel vuoto (1980), un equilibrio fra tendenza alla grande prosa e tensione verso il cinema di poesia. Questo gli ha consentito, a partire dall’incandescente Diavolo in corpo (1986), di approfondire la propria ricerca di un cinema in presa diretta sulle pulsioni dell’inconscio, sino al formalismo di La condanna (1991) e allo sperimentalismo de Il sogno della farfalla (1994). Con la messa in scena della notte dell’inconscio ne Il principe di Homburg (1977), Bellocchio ha voluto oggettivare (coniugandoli al passato in La balia (1999) e al presente in Buongiorno, notte (2003) e in L’ora di religione, 2002) i temi che per anni l’hanno travagliato e appassionato. Di recente ha trovato anche la voglia di dare vita a esperienze di formazione e di co-realizzazione con dei giovani allievi (il laboratorio “Fare Cinema”, che organizza ogni anno a Bobbio), dalle quali prende origine Sorelle mai, presentato Fuori Concorso alla Mostra 2010.

Il successo internazionale di Vincere (2009) conferma la posizione di Marco Bellocchio, accanto a Bernardo Bertolucci (Leone d’oro del 75. nel 2007) ed Ermanno Olmi (Leone d’oro alla carriera nel 2008), come uno dei tre maggiori cineasti italiani in attività.

Marco Bellocchio è stato più volte protagonista alla Mostra di Venezia, dove ha presentato il suo secondo lungometraggio La Cina è vicina (1967), che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria. Successivamente ha presentato nel 1975 Matti da slegare in Proposte di nuovi film, quindi nel 1980 il mediometraggio Vacanze in Valtrebbia in Officina Veneziana, e nel 1982 Gli occhi, la bocca in Concorso. Due le partecipazioni negli anni ’90, con il cortometraggio Il sogno della farfalla (1992) e il mediometraggio La religione e la storia (1998). Nel 1997 è stato Presidente della Giuria di Corto Cortissimo, e nel 1999 ha fatto parte della Giuria del Concorso presieduta da Emir Kusturica. Nell’ultimo decennio ha presentato nel 2002 il mediometraggio dedicato a Verdi Addio del passato (Nuovi Territori), nel 2003 in Concorso Buongiorno, notte, che ha ricevuto un premio speciale, e nel 2010, Fuori Concorso, Sorelle mai. (C.S.)
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#8 Shimamura

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Inviato 08 May 2011 - 03:47 PM

Complimenti a Bellocchio.
Di sicuro si tratta di uno dei migliori registi italiani in circolazione, ma mi chiedo se il premio sia stato dato oggettivamente o se la mostra sta cercando di andare nella "bondiana" direzione di autocelebrazione del cinama italiano, a discapito di quello che è l'elemento che la distingue da quasiasi altro Festival del cinema tenuto qui in Italia, cioè la sua internazionalità...

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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
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Inviato 08 May 2011 - 06:21 PM

Boldi non c'è più, quindi sono sicuro che Muller ha dato il premio a Bellocchio del tutto in buona fede. Non dimentichiamoci che la stragrande maggioranza dei Leoni d'oro sotto l'egida di Muller sono andati a registi stranieri (Miyazaki, Burton, Lasseter, Lynch, ecc...). Ci può stare, dai.
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