Marketa Lazarová
Regia: František Vláčil
Paese: Cecoslovacchia
Anno: 1967
Genere: Drammatico, Storico
Durata: 162'
Lingua: Ceca
Interpreti: Magda Vásáryová (Marketa), Frantisek Velecký (Mikolás), Josef Kemr (Kozlík)
Sinossi
“Rudi briganti e brigantesse di nobile lignaggio, fra cui Mikoláš, l’indomito cavalier bandito; un giovanissimo e sprovveduto conte dell’Impero; Marketa Lazarová, «placida vergine» destinata alla vita del chiostro e dagli eventi tramutata in «splendida amante»; un tenace e ambizioso capitano del re che dall’assolvimento del suo difficile compito di disinfestare dai briganti le strade regie si aspetta l’agognato titolo nobiliare. Sullo sfondo, una fosca Boemia feudale del XIII secolo.”
Commento
Marketa Lazarová, capolavoro indiscusso della cinematografia ceca, è lungo senza essere epico, crudo senza essere realistico, e fondamentalmente laico pur impiegando simbolismo cristiano e pagano. Tratto da Il cavalier bandito e la sposa del cielo (Markéta Lazarová), di Vladislav Vančura, pubblicato a Praga nel 1931. La storia si svolge in Boemia nel Medioevo, epoca in cui coesistono e collidono il cristianesimo e il paganesimo, la centralità del feudo e la nascita di un potere egemone, i cechi e i tedeschi, l’Oriente e l’Occidente. Il conflitto tra due famiglie rivali diventa l’occasione per mettere in scena due contrapposte visioni del potere: Kozlík, pagano, con la sua prolifica famiglia, accentra il potere su se stesso; e Lazar, cristiano, che pensa già a una nuova nazione unita sotto un potere più forte, in cui lui avrà un ruolo centrale. La combinazione di una narrazione ellittica con uno stile visivamente ricco e suggestivo produce potenti ed affascinanti scene. Le battaglie sono mostrate ma solo minimalmente, l’attenzione si focalizza invece su aspetti suggestivi ed evocativi che richiamano forti simbolismi, come ad esempio le figure di animali selvatici come lupi, rapaci, cervi e serpi. Nell’andamento magmatico della vicenda, dove il tempo del racconto sembra seguire gli stati emotivi dei singoli personaggi, grazie a un uso espressionista del sonoro, legato ai diversi punti di vista interni alla storia, si compone poco a poco un’allegoria delle pulsioni umane, immerse in paludi melmose, circondati da lupi bramosi di carne e mercenari pronti a godere della distruzione. Il finale di questo folle racconto sembra volerci suggerire addirittura una sorta di morale, ovvero che, dalla violenza può nascere un’amore scevro da ideologie religiose.
Magnifico, senza alcun ombra di dubbio, alcune inquadrature sono memorabili, numerosi i tecnicismi avanguardistici. Inutile voler cercare di trovare tutti i possibili collegamenti con gli altri mostri sacri del cinema quali Dreyer, Kurosawa, Bergman e Tarkovskij, a cui chiaramente il film strizza l’occhio, d’ora in avanti è bene cominciare ad adoperare pure Vláčil come termine di paragone e dove possibile anche il neologismo “vlaciliano”.
Regista
František Vláčil, classe 1924, studiò storia dell’arte ed estetica all’università Masaryk di Brno iniziando a lavorare in vari gruppi artistici e atelier prima di mettersi dietro la macchina da presa. Il più anziano della terza generazione della FAMU (la Scuola di cinema e televisione della Accademia di arti dello spettacolo di Praga), negli anni Sessanta, gira film del tutto originali rispetto al resto della produzione cinematografica del paese, infatti egli non appartiene propriamente alla Nová Vlna, la Nouvelle Vague cecoslovacca. Il suo linguaggio cinematografico si avvicina maggiormente a quello dell'immagine statica e del suono non realistico, più che alla testimonianza diretta del quotidiano e alla poesia della luce e del movimento. I suoi film a sfondo storico sono caratterizzati da affascinanti tecniche cinematografiche e dai dettagli storici usati per scavare nella spiritualità e nella psiche dei personaggi. Per portare a termine Marketa Lazarová impiegò sei anni di lavorazione, insistendo perché gli attori vivessero come i personaggi del racconto e entrassero a tal punto nel ruolo da rimanere per lunghi periodi al freddo, nella neve con indosso solo degli stracci in zone dalle critiche condizioni climatiche.
N.d.T.
Il linguaggio non è aulico e ricercato come nell’originale al fine di non complicare la comprensione della già troppo frammentata trama del film.
Nella scene in cui si parla del cervo sconfitto e ogni tanto viene mostrata la piccola chiesa, sulla sinistra si vede un uomo, probabilmente un addestratore, in jeans e camicia che richiama il cervo.
Traduzione e recensione: Rocchio
Revisione: JulesJT
Resync (V2): anonymous
SOTTOTITOLI
(Versione: Blu-ray Criterion)
Marketa.Lazarová.AsianWorld.zip 82.42K
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Messaggio modificato da JulesJT il 29 August 2016 - 07:57 PM